In principio la parola rottamazione fu applicata alle automobili: ci si poteva disfare di quella vecchia, rottamandola, in cambio di un bonus per i nuovi modelli. Dagli oggetti poi si passò alle persone. I dirigenti della pubblica amministrazione o di aziende private messi fuori prima del tempo venivano definiti rottamati e, per analogia, ogni persona diventò un inanimato oggetto da rottamare.
Il salto era fatto. Senza accorgersene, il linguaggio corrente esprimeva un certo senso comune, con una cinica quanto leggera normalità. La parola rottamazione, di per sé brutta, diventò cattiva.Da quel momento iniziò una vertiginosa escalation. Si pensò, innazitutto, di rottamare le più inutili tra le persone: i vecchi. Subito dopo vennero disabili e zingari. Non bastando, si decise poi di passare a padri e madri, anch'essi residuo inutile, quindi a fratelli e sorelle maggiori. Nel frattempo le trasmissioni tv esaltavano corpi sempre più giovani, carne sempre più fresca - di donne, naturalmente - e chi aveva trent'anni faceva largo uso di prodotti chimici, operazioni chirurgiche ed altro per sfuggire alla rottamazione, cosicché il mercato in crisi crebbe con nuovi profitti. Parallelamente nel vocabolario furono soppresse vetuste parole: affetto, sapere, gratitudine, crescita, conoscenza (da scambiarsi), relazioni (tra generazioni).
Più che giovani, tutti erano improvvisamente diventati merce scaduta. Da rottamare.
foto di marco menu da flikr