venerdì 27 agosto 2010

Melfi, Italia



Dalla lettera dei tre operai della Fiati di Melfi al Presidente della Repubblica

"...Signor Presidente, per sentirci uomini e non parassiti di questa società vogliamo guadagnarci il pane come ogni padre di famiglia e non percepire la retribuzione senza lavorare. Questo non è mai stato un nostro costume, né come semplici operai né come delegati sindacali aziendali, avendo sempre svolto con diligenza e professionalità il nostro lavoro. Ci rivolgiamo a Lei, Presidente, perché richiami i protagonisti di questa vicenda al rispetto delle leggi e perché nel suo ruolo di massima carica dello Stato sia da garanzia del rispetto della democrazia, della Costituzione e dello stato di diritto in modo da ripristinare e garantire il libero esercizio dei diritti sindacali nonché dei diritti costituzionalmente riconosciuti a tutti, all'interno dello stabilimento Fiat Sata.
Signor Presidente, le chiediamo di farci sentire lavoratori, uomini e padri".

Il testo integrale della lettera


Altri dicono che non esistono più padroni e operai, che le leggi sulla sicurezza nel lavoro sono un lusso, che i contratti nazionali e lo statuto dei diritti dei lavoratori vanno aboliti, che ammalarsi o scioperare è roba sconosciuta in oriente. Non rispettano le leggi e pensano che il Duemila debba essere come l'Ottocento.
Sono Marchionne (Ad Fiat) Marcegaglia (Presidente Confindustria) Tremonti (Ministro delle Finanze).
Hanno potere e denaro, non sono capaci di fare il loro lavoro, scaricano le colpe sui lavoratori: sono capataz che spacciano lo sfruttamento per modernità.


"Capatàz" (1987) Francesco De Gregori

Non siamo nati mica ieri Capatàz,
non siamo nati mica ieri.
Non siamo mica prigionieri,
dentro la stella di questa bella modernità.
non siamo nati mica per morire qua.
Se provi a aprire la finestra Capatàz
e coi tuoi occhi guardi fuori.
Quanto persone che non contano
e invece contano e si stanno contando già,
stanno soltanto aspettando un segno, Capatàz.
Questo vecchio segno, quando cambia il vento,
quando cambia il vento arriverà.
Questo vecchio legno, quando si alza il vento,
quando si alza il vento navigherà.
Non siamo nati mica ieri Capatàz.
Se provi entrare nella mia testa Capatàz,
e coi miei occhi guardi fuori,
quante persone e quanti cuori,
quanti colori e a posto di quel grigio quante novità.
C'è un altro tipo di futuro che aspetta, Capatàz
Questo vecchio segno, quando cambia il tempo,
quando cambia il tempo arriverà.
Questo vecchio legno, come si alza il vento,
come si alza il vento navigherà.
C'è un altro tipo di futuro, Capatàz

martedì 24 agosto 2010

The Partisan



Il vento, il vento soffia,
Tra le tombe il vento soffia,
La libertà arriverà presto;
E allora usciremo dall'ombra.



Sulle immagini (in b/n) del World Tour 2008 e nel widget qui sotto



Cliccando qui un'incredibile versione (a colori) della stessa canzone: live Isle of Wight Festival 1970.

"The Partisan" (1969) è il riadattamento felicissimo di "Complainte du partisan" (1943) di Emmanuel d'Astier de La Vigerie e Anna Marly.



Su red-unaltravita Cohen post con 25 canzoni
Leonard Cohen il 1° settembre 2010 sarà a Firenze (unica data italiana)

mercoledì 18 agosto 2010

Italia ed italiani: la deriva


clicca sulla foto per ingrandirla

"Oggi l'Italia appare un Paese senza classe dirigente, senza persone che per il ruolo politico, imprenditoriale, di cultura, sappiano offrire alla nazione una visione, degli obiettivi condivisi e condivisibili". Edoardo Patriarca, segretario del Comitato organizzatore delle Settimane sociali della Conferenza episcopale italiana, in un'intervista a Radio Vaticana. 31 luglio 2010, Agenzie Ansa e Adnkronos

"In Italia non esistono partiti di governo organizzati... esistono consorterie, cricche, clientele locali... che rispondono del loro operato a forze occulte insindacabili, che tengono poco al prestigio e tengono invece molto ai privilegi parassitari". Antonio Gramsci, luglio 1918

"Senza classe dirigente" era il primo titolo di questo post. In Italia questo tema si rincorre da cento anni in qua. Eppure non basta a descrivere la crisi che oggi sta vivendo il Paese.
C'è un danno incalcolabile, infatti, compiuto negli ultimi anni da vari attori, dalla "non" classe dirigente politica, imprenditoriale, culturale. Il danno di aver fatto emergere la parte peggiore dell'Italia e di aver legittimato i difetti profondi degli italiani, fino a qualche tempo fa un pò tenuti a freno e un pò inciviliti dalle culture politiche democratiche, quelle della Costituzione.
In Italia si è così affermata la corruzione dell'anima: i lestofanti sono stati chiamati furbi, i prevaricatori sono stati battezzati intraprendenti, gli onesti sono stati irrisi e considerati fessi.
C'è da cambiare i governanti, ma c'è da ricostruire le fondamenta del vivere civile, appunto civile. Le risorse ci sono ancora, vanno cercate.

"Mammalitaliani" (2010) Après la class

Mamma litaliani mamma litaliani mancu li cani mancu li cani...
Se vedi uno spaccone è solamente un italiano
l’italiano fuori si distingue dalla massa
sporco di farina o di sangue di carcassa
passa incontrollato lui conosce tutti
fa la bella faccia e poi la mette in culo a tutti

domenica 15 agosto 2010

"Teatri e castelli" in Toscana




"Toccata in La per arpa - Sonate per gravicenbalo" (1754) P.D. Paradisi
Una versione creativa di Bebe Donge


Qui
il brano nella versione originale

giovedì 12 agosto 2010

I 169 giorni dell'isola dei cassintegrati ed altre storie



L'isola dei cassintegrati: l'unico "reality" reale, purtroppo.

> Il 24 Febbraio 2010 un gruppo di operai Vinyls (ex Enichem, Porto Torres), in cassintegrazione da 4 mesi, è sbarcato sull’isola dell’Asinara, prendendo possesso delle sale dell’antico carcere. L’isola dei Cassintegrati è un reality “reale”, dove nessuno è famoso, ma tutti sono senza lavoro. Trincerati in un’isola simbolo della più grande Sardegna ormai in crisi profonda, alloggiati in celle non peggiori delle sbarre che governo, regione ed Eni hanno messo loro davanti. Nessuno yacht, billionaire e soubrette su quest’isola, solo la cruda verità di una politica che non dà risposte, e di una società a controllo statale – ENI – che persegue i propri scopi aziendali passando sulle vite di centinaia di famiglie. E, non ultimi, un gruppo di operai coraggiosi che lotta per i propri diritti.



E' uscito di recente il libro con il quale raccontano la loro storia.
Con un bel blog e decine di migliaia di contatti su fb, nei mesi scorsi hanno fatto conoscere al mondo, giorno dopo giorno, una storia per molti aspetti incredibile, che dura da mesi e che non va dimenticata. Anche inviando in questi giorni di agosto un messaggio di solidarietà.

> Nell'agosto di un anno fa, la Innse
di Lambrate (Mi) aprì la strada a manifestazioni estreme dei lavoratori. Ad un anno di distanza, oggi sappiamo che anche grazie a quell'azione gli operai hanno mantenuto il lavoro e l'azienda ha assunto altro personale.

> Ed in questi giorni, in virtù dello Statuto dei lavoratori, 3 operai di Melfi, licenziati dalla Fiat per rappresaglia, sono stati reintegrati in fabbrica dal giudice del lavoro, il quale ha riscontrato un comportamento antisindacale da parte dell'azienda. "Statuto e articolo 28: il tesoro che li ha difesi": il commento di M.Roccella, giuslavorista.

Storie di operai, di dignità, di un'Italia che non si rassegna alla deriva.

sabato 7 agosto 2010

Due anni di un'altra vita

2008 | 7 agosto | 2010


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Per chi arriva ora: cento manciate di coriandoli


Regia di Michele Salvezza e Marcello Saurino

"La storia è scritta sempre e solo dal vincitore
Che parla solamente e parla solo di vittorie
Un giorno la scrivesse un perdente,
Non dico uno qualunque,
Dico uno della gente"

"La storia del perdente" (2008) Enrico Cervellera/Teresa De Sio - La Resistenza

Vincitore del concorso MArteLive 2009 sezione Videoclip; finalista Premio Videoclip Indipendente e Pivi-Mei Faenza 2009

giovedì 5 agosto 2010

La selva batte il petrolio

La notizia è di quelle che aprono uno squarcio di futuro.
Con il progetto Yasuní vincono tutti: l'ambiente, le popolazioni indigene, i paesi del nord del mondo.

La selva batte il petrolio
Firmata a Quito la costituzione di un fondo che servirà a lasciare il greggio dell'Amazzonia dove sta, cioè nel sottosuolo di un parco naturale. Governi e associazioni potranno sottoscrivere «bond» per 3 miliardi e 600 milioni di dollari. Multinazionali battute. Il fantascientifico progetto del presidente ecuadoriano Correa è una realtà.

Tre miliardi e 600 milioni di dollari per tenere il petrolio dove sta, cioè sottoterra: sembrava fantascienza nel 2007 quando il presidente dell'Ecuador Rafael Correa lanciò la proposta di farsi pagare per non toccare quegli enormi giacimenti di greggio nascosti sotto l'Amazzonia, in un parco chiamato Yasuni, situato nel cuore verde del pianeta. Da ieri è una realtà. L'Ecuador e l'Onu hanno firmato a Quito l'accordo che costituisce il fondo internazionale «Yasuni-Itt». Co-gestito dallo United nations development fund (Undp), il trust internazionale è lo strumento finanziario di una vera e propria rivoluzione verde.



Funziona così: il governo dell'Ecuador si impegna a non estrarre circa 900 milioni di barili di greggio amazzonico che le prospezioni avevano scoperto fin dagli anni Trenta e definitivamente accertato nel 2000 nel parco dello Yasuni, in particolare nel segmento chiamato Itt (Ishpingo, Tambococha e Tiputini). Governi, aziende o persone fisiche potranno acquistare certificati di garanzia chiamati Yasuni guarantee certificates, incassabili - senza interessi - se l'Ecuador venisse meno al suo impegno e cominciasse a sfruttare i giacimenti. In questo modo l'intero pianeta si risparmia il versamento nell'atmosfera di oltre 400 milioni di tonnellate di anidride carbonica, oltre a salvare la biodiversità di un'area in cui un solo ettaro di foresta possiede più qualità di piante che in tutti gli Stati Uniti e il Canada insieme, e salvaguardare la vita di almeno tre popolazioni indigene residenti.

Non è semplice green economy, è qualcosa di più. E se «rivoluzione» può sembrare un termine azzardato, non lo è per un paese povero come l'Ecuador, che apre una strada mai tentata: indirizzare le energie per lo sviluppo in direzione diversa dal tradizionale binomio estrazione-industrializzazione.
Il cammino degli Yasuni-bond è stato lungo e accidentato, in patria e fuori, ha registrato momenti di entusiasmo come di vera e propria furia politica, ma alla fine il progetto è arrivato in porto, costituendo in qualche modo la certificazione che governi e movimenti possono trovare punti di contatto.



Innanzitutto, la rivoluzionaria proposta del presidente Correa... non è di Correa. All'origine dell'idea di farsi pagare per lasciare il petrolio nel sottosuolo ci sono i movimenti sociali ecuadoriani, che dal 2003 protestavano contro le continue autorizzazioni che i vari governi (Correa compreso) concedevano alle multinazionali del petrolio. Nel 2007 il presidente l'ha accettata, sponsorizzata a volte con entusiasmo e a volte più o meno obtorto collo, e infine l'ha sposata quando si è reso conto che la strada era finanziariamente praticabile, cioè che qualche ricca economia dell'occidente ci avrebbe messo dei soldi, soldi veri. La ricca economia in questione è la Germania, capofila di una oggi esigua lista di donatori, che si è impegnata a versare 50 milioni di dollari l'anno per i prossimi 13 anni. Hanno preso impegni finanziari anche Spagna, Francia, Svezia e Svizzera, ma la campagna di sottoscrizione degli Yasuni-bond è appena cominciata...
Roberto Zanini, il manifesto 5 agosto 2010


Disegno di Angie Cardenas
In Italia il progetto è stato appoggiato da associazioni di volontariato e dalla federazione dei parchi

lunedì 2 agosto 2010

Agosto in bianco e nero

In agosto la televisione trasmette materiale d'annata, talvolta in bianco e nero, usato a mò di tappabuchi nella programmazione. Invece, spesso è materiale migliore delle attuali scadentissime produzioni.
L'idea è qui ripresa con alcune canzoni: la straordinaria voce di Demetrio Stratos (Ribelli poi Area), un pezzo scritto da Paolo Conte per Caterina Caselli che in anni a noi vicini sarà interpretato anche da Avion Travel e Franco Battiato, un giovane Lucio Dalla, un sorprendente e quasi irriconoscibile Ivano Fossati (allora nei Delirium), il progressive rock della Pfm, per chiudere con un vero e proprio inno di Rino Gaetano.
Il gioco, volendo, è inesauribile... e sorgono a bizzeffe band musicali di ventenni che propongono cover degli anni '70 per niente banali.


"Pugni chiusi" (1967) I Ribelli
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"Insieme a te non ci sto più" (1968) Caterina Caselli
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"4 marzo 1943" (1971) Lucio Dalla


"Jesahel" (1972) Ivano Fossati - Delirium
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"Impressioni di settembre" (1972) Premiata Forneria Marconi


"Aida" (1977) Rino Gaetano