giovedì 17 giugno 2010

L'assedio di Pomigliano



L’assedio di Pomigliano
Gli operai sardi si sono accampati nel carcere spento dell’isola Asinara. I fuochi dell’ultima rivolta furono seguiti da un ultimo falò: a celle vuote le guardie rastrellarono i libri dei prigionieri e li bruciarono. Gli operai sardi si sono arroccati sulle ceneri fredde di un’isola deserta. Dalle parti di Pomigliano niente isola di scorta, da farci i baraccati. Da quelle parti non si chiudono nè svuotano carceri, anzi si stivano alla maniera delle sardine all’olio. In queste ore gli operai della Fiat di Pomigliano sbattono la testa contro muri che si stringono addosso. Le condizioni del proprietario dell’assedio sono di resa senza condizioni. Esigono la deposizione delle armi, l’uscita a mani in alto, la trasformazione del posto di lavoro in uno di prigionia. E’ la sconfitta e va guardata in faccia. Perchè va accettata. Perchè succede alla storia di regredire invece di avanzare e ai diritti conquistati di essere perduti. E’ stagione di ammutolimento generale nel recinto della società. E’ stagione di riduzione del lavoro umano a ingranaggio del profitto privato, esposto al suo libero arbitrio. Come fu negli anni della restaurazione della tirannia in fabbrica dopo la lotta di liberazione, così oggi la vita operaia è variabile dipendente da orari, turni, tempi e soprusi della proprietà aziendale. Cedere: questo è l’ordine del giorno. Con il pensiero intatto, almeno quello, che siano passi indietro come quelli di chi prende rincorsa per vincere.
Erri De Luca, il manifesto 17 giugno 2010



Tre fotogrammi da "Metropolis" (1927) Fritz Lang

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