"Musica eccentrica, affascinante, sorprendente, conciliante, seduttiva, calda, affidabile, modesta e indimenticabile: ipse dixit Brian Eno, uno degli amici più fedeli dell'Orchestra".
Accade oggi in Italia. Chi governa intende risanare (?) i conti sforbiciando brutalmente con i cosiddetti tagli lineari, uguali per tutti, quindi profondamente disuguali. Contemporaneamente l'Istat dice che la povertà aumenta "Otto milioni di italiani in bilico".
C'è qualcosa di immorale: chi ha la pancia piena pretende il digiuno da chi ha la pancia vuota.
«Quando incontro qualcuno, da solo, mi è difficile fingere di non vederlo. Distogliere lo sguardo. Ma poi perché? Allora saluto con un cenno, con un buongiorno. Un "ciao", quando si tratta di persona conosciuta. Serve a stabilire una relazione. Un legame. Nulla di vincolante. Ma la persona con cui hai "scambiato" il saluto - dopo - non è più un "altro". Diventa un "prossimo". Magari non troppo "prossimo". Perché il "prossimo" è qualcuno che ti sta vicino dal punto di vista della distanza non tanto (solo) fisica, ma emotiva e cognitiva. La persona che saluti diventa qualcuno che "ri-conosci" anche se non lo conosci. Qualcuno che, a sua volta, ti ri-conosce, per reciprocità. Un "quasi" prossimo. Un "non estraneo". Un cenno di saluto serve, dunque, a tracciare un perimetro dentro il quale ti senti maggiormente a tuo agio. ... Abitanti di questo mondo senza relazioni e senza società, guardano ma non vedono. E non ascoltano. Temono chi si avvicina troppo. (E non è un caso che gli "stranieri" suscitino imbarazzo e fastidio. Al di là di ogni altro problema: ci "avvicinano" e ci danno del tu). Il prossimo, ha scritto Luigi Zoia, è morto da tempo. Sostituito da surrogati elettronici, che offrono mediazioni mediatiche infinite. Promuovono rapporti indiretti e im-personali. Apatici invece che empatici. Ma io non mi rassegno e continuo, continuerò a cercarlo. Il prossimo. A costruirlo, raffigurarlo. Intorno a me, almeno. Il prossimo. Anche se ridotto a un saluto, un cenno del capo. Non rinuncerò a guardare gli "altri" in faccia. Per egoismo. Per non sentirmi circondato "solo" da "altri". Cioè, per sentirmi meno "solo".»
Il sociologo Ilvo Diamanti prosegue la sua riflessione sull'Italia di oggi. «L'importanza del "Buongiorno". Salutare ci fa sentire meno soli» è estratto dall'edizione ampliata e aggiornata del "Sillabario dei tempi tristi", raccolta di articoli pubblicati su "la Repubblica".