giovedì 29 ottobre 2009

Raggio di sole


"Glósóli" Raggio di sole (2005) Sigur Rós

Un gruppo musicale dream-pop islandese, una strana lingua, un tamburino magico e la fantasia di ciascuno...

lunedì 26 ottobre 2009

La povertà che non fa scandalo

Urlo, foto di Edy Capannelle da Flickr

I miserabili
A Napoli un bambino è morto a sei anni di povertà. Veniva dall’isola di Capo Verde, ma sapeva già leggere e scrivere in italiano. Era educato, ordinato, molto pignolo, dicono le maestre. Amava il disegno e sognava di fare l’ingegnere. Si chiamava Elvis, come l’eroe del rock. Lo hanno trovato per terra, in una stamberga di venti metri quadri, i polmoni intasati dalle esalazioni di un piccolo braciere. Da quando l’Enel aveva staccato la corrente che alimentava la stufetta elettrica, quel fuoco improvvisato e velenoso era diventato l’unica fonte di riscaldamento di tutta la famiglia. Non c’era altro calore, non c’era più cibo. Ed Elvis se n’è andato così, addosso alla madre agonizzante, la testa appoggiata al ventre da cui era uscito sei anni prima per la sua breve e infelice partecipazione alle vicende del pianeta Terra.
Mi sento totalmente inutile, come giornalista e come essere umano, perché mi tocca ancora raccontare storie del genere, nel mio evoluto Paese. Ci riempiamo la bocca, io per primo, di parole superflue. Ci appassioniamo ai problemi di minoranze potenti e arroganti. E accanto a noi, in un silenzio distratto, si consumano le disfatte degli umili e dei mansueti. Persone come la mamma di Elvis, che fino all’ultimo ha provato a raggranellare onestamente qualche soldo per la stufetta, andando in giro a fare le pulizie. Il Bene ieri ha perso di brutto. L’importante è rendersene conto, non distrarsi, non rassegnarsi, organizzare la riscossa. Anche per Elvis, che tornerà a trovarci ogni giorno, sulla faccia di tanti bambini uguali a lui.
Massimo Gramellini, giornalista La Stampa


Urlo, foto di Elido Turco - Gigi da Flickr

La povertà che non fa scandalo
È un dramma contemporaneo eppure antico, quello di Manuela Rodriguez e di suo figlio Elvis che si è consumato in un basso del Rione Sanità, a Napoli. Il piccolo è morto, lei, Maria, è in coma, entrambi asfissiati dalle esalazioni di un braciere che la madre ha acceso per riscaldare l’ambiente, dopo che era rimasta senza elettricità e quindi senza stufetta per una bolletta non pagata. Contemporanea è la nazionalità di Manuela Rodriguez, venuta da Capoverde nel 1992, una donna speciale, unica, dicono con le lacrime agli occhi i vicini intervistati dalla televisione. Contemporanea è la condizione di “madre sola con figlio”, un’esperienza limite sulla frontiera verso il basso nell’attuale battaglia per la vita, per la sopravvivenza. Antica è la dignità, la volontà di Manuela Rodriguez di far vivere al meglio Elvis, che da grande voleva fare l’ingegnere, senza chiedere nulla a nessuno, se non al proprio lavoro. Una povertà che voleva bastare a sé stessa, che ha trovato accoglienza nell’antico quartiere di una grande città che custodisce la memoria di tante storie di povertà. Manuela Rodriguez, evidentemente messa in crisi nel proprio modesto, tirato bilancio da una bolletta forse mai recapitata in precedenza, ha trovato ancora una volta una soluzione da sola, per fare fronte al freddo improvviso. In attesa di poter pagare. Non sapeva, le mancava la memoria, che il fuoco acceso in una stanza chiusa è pericoloso, in quanti sono morti in passato nei bassi napoletani per questo stesso motivo? Lavoro, dignità, povertà sono antiche parole contemporanee. Parole di una presa di coscienza, che dovrebbe essere nuova, attuale, contemporanea, che dovrebbero fare piazza pulita dell’osceno sbandieramento della sicurezza. Chi ha messo in sicurezza la vita di Manuela e di Elvis? Perché la loro vita – la vita di tutti quelli come loro – deve essere esposta al pericolo della mancanza di quello che serve per vivere? Dovrebbero essere questo, l’amore per Manuela e suo figlio, l’indignazione, la rabbia per questa colossale ingiustizia, la motivazione di una scelta politica, di un impegno, della volontà di far sentire la propria voce. O è troppo antico?
Bia Sarasini, giornalista e saggista

giovedì 22 ottobre 2009

The end (nuclear war)



Un mese fa il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha approvato all'unanimità una risoluzione per il disarmo nucleare proposta dal Presidente Usa Obama. La notizia di portata storica è apparsa e scomparsa subito dai giornali italiani, i quali l'hanno considerata meno importante delle esternazioni dei governanti nostrani. Se la risoluzione avrà una coerente applicazione, potranno essere liberate immense risorse per la lotta alla fame, al degrado ambientale, alle disuguaglianze sociali, alle malattie. Il discorso di Obama all'Onu

lunedì 19 ottobre 2009

Un otto settembre



«Siamo alla fine. Questo è l'otto settembre. Non vedi?
Non capisci. Non vedi. Non vuoi vedere. Non vedi che tutto si sta disgregando sotto i nostri occhi? Tutto è a pezzi, in rovina. Camminiamo tra i frantumi e i detriti. Non c'è più nulla che regga. Tutti blaterano. Tutti parlano per dire male. Non c'è pietà né comprensione. Dappertutto c'è rancore, odio, ferocia, senza che, in realtà, nulla distingua le idee degli uni da quelle degli altri. I magistrati calunniano i magistrati, gli uomini di chiesa gli uomini di chiesa. Tutti infieriscono contro tutti ...
Guardali, i politici del 2009. Vogliono soltanto una cosa: apparire, esibirsi, esaltarsi: naturalmente alla televisione. Sono figli della televisione, che li ha completamente contagiati e contaminati. Chiacchierano. Non hanno peso né riserve. Sono irreali, come la televisione. Pensano che il gradimento televisivo sia tutto, mentre non importa nulla. Non sanno fare né preparare. Tra pochissimo, non li vedremo più. All'improvviso scompariranno, insieme al nostro paese: come un corteo di nuvole, come un'accolita di fantasmi».
Carlo Fruttero, in una conversazione con Pietro Citati, 17 ottobre 2009 (la Repubblica)

martedì 13 ottobre 2009

Non aver paura


"Io vengo dalla luna" (2003) Caparezza

"Io non sono nero, io non sono bianco, io non sono attivo, io non sono stanco, io non provengo da nazione alcuna, io si, io vengo dalla luna".



Lo spot della campagna nazionale promossa da numerose organizzazioni

"Più di quattro milioni di persone di origine straniera vivono oggi in Italia. Si tratta in gran parte di lavoratrici e lavoratori che contribuiscono al benessere di questo Paese e, che lentamente e faticosamente, sono entrati a far parte della nostra comunità. Persone spesso vittime di pregiudizi e usate come capri espiatori specialmente quando aumentano l’insicurezza economica e il disagio sociale..." Leggi l'appello completo ed altro su nonaverpaura.org


Foto di Geomangio/Fabiana da Flickr cliccaci sopra per ingrandirla


- "Razzismo. I gesti e le parole che, a poco a poco, ci abituano alla normalità del male". E' il titolo di un servizio del Venerdì di Repubblica. L'inserto e l'intervento di Gad Lerner
- L'associazione Lunaria ha elaborato un libro bianco sul razzismo
- "Di razza umana c'è ne una sola. Quella umana". Il manifesto degli scienziati
- "Il razzismo è una brutta storia" è il titolo di una campagna che la casa editrice Feltrinelli realizza per tutto il 2009 ed anche uno spettacolo che Ascanio Celestini, insieme all'Arci, sta portando in giro per l'Italia.

mercoledì 7 ottobre 2009

In fabbrica



"In Fabbrica" è una storia di volti, di facce operaie, un ritratto umano delle persone che hanno popolato e popolano le fabbriche italiane. E' un omaggio al loro lavoro... La narrazione è affidata alla voce degli operai, sono loro a raccontare il proprio lavoro, le aspirazioni, le sconfitte, le speranze. Il racconto è formato da interviste d'epoca, tratte dagli archivi Rai e Aamod, e da testimonianze dirette raccolte in una fabbrica di oggi. (da cinemaitaliano.info)

Il documentario di Francesca Comencini (durata 73') inizia negli anni '50, con lo sradicamento dalle campagne e dal Meridione, e finisce ai giorni nostri.


"In fabbrica" (2007) Francesca Comencini 1° parte

2° parte La fabbrica cementa legami umani e di classe. Gli anni del boom economico
3° parte La piaga del lavoro minorile. Nelle grandi fabbriche riprendono le agitazioni operaie: bassi salati, lavoro duro e rischioso
4° parte Alla fine degli anni '60 ulteriore esodo verso le fabbriche del nord: i nuovi operai meridionali sono senza casa e servizi. I ritmi alienanti della catena di montaggio
5° parte Autunno '69: l'autunno caldo di milioni di lavoratori muta i rapporti di forza in fabbrica e nella società
6° parte Si punta ad una fabbrica diversa, con l'orgoglio di non essere solo una rotella di un ingranaggio. Negli anni '80 cambia l'economia, con la ristrutturazione industriale la voce operaia inizia ad incrinarsi
7° parte Con la sconfitta alla Fiat si chiude un'epoca, iniziano le sconfitte e sugli operai scende il silenzio. Non scompare il lavoro. Siamo ai giorni nostri
8° parte Nelle fabbriche c'è più disincanto, rimane un'umanità in cerca di diritti e si affacciano nuovi immigrati, quasi la chiusura del cerchio con l'inizio del film.

Grazie a brokenbird 17 che l'ha inserito per spezzoni su youtube.
(Rispetto ai suoi inserimenti la numerazione è sfalsata perchè qui si è saltata la presentazione televisiva)

lunedì 5 ottobre 2009

Todo cambia


"Todo cambia" Julio Numhauser - interpretata da Mercedes Sosa

Tutto cambia

Cambia ciò che è superficiale
e anche ciò che è profondo
cambia il modo di pensare
cambia tutto in questo mondo.

Cambia il clima con gli anni
cambia il pastore il suo pascolo
e così come tutto cambia
che io cambi non è strano.

Cambia il più prezioso brillante
di mano in mano il suo splendore,
cambia nido l'uccellino
cambia il sentimento degli amanti.

cambia direzione il viandante
sebbene questo lo danneggi
e così come tutto cambia
che io cambi non è strano.

Cambia, tutto cambia
Cambia, tutto cambia
Cambia, tutto cambia
Cambia, tutto cambia.

Cambia il sole nella sua corsa
quando la notte persiste,
cambia la pianta e si veste
di verde in primavera.

Cambia il manto della fiera
cambiano i capelli dell'anziano
e così come tutto cambia
che io cambi non è strano.

Ma non cambia il mio amore
per quanto lontano mi trovi,
né il ricordo né il dolore
della mia terra e della mia gente.

E ciò che è cambiato ieri
di nuovo cambierà domani
così come cambio io
in questa terra lontana.

Cambia, tutto cambia...


L'Argentina piange Mercedes Sosa "cantora popular" di lotta e libertà: un articolo da La Repubblica. Il sito dell'artista